Tutto ha inizio quando, lo scorso anno, (state tranquilli non la voglio fare lunga) in una gita fuori porta in Toscana, la guida, che avevo (tassativamente) messo in valigia da buon sommelier, mi portò dritta dritta alla fattoria di Poggiopiano Galardi-Fiesole (Fattoria di Poggiopiano – Fiesole).
La scelta ricadde su questa azienda perché quando lessi che coltivano anche il Verdicchio, (curiosità mista a compiacimento) mi sono detta: perché non andare a conoscerli?
La cantina è immersa nel verde delle colline fiorentine, a pochi passi dal fiume Arno, è equidistante tra Fiesole e Firenze e si sviluppa su 5 ettari, di cui 4 e 1/2 certificati Chianti.
E’ una piccola azienda a conduzione familiare ed infatti qui incontriamo Mauro, il papà; la tenacie giovane e promettente Martina e la mamma. Tutti e tre, insieme, seguono scrupolosamente tutte le fasi della vinificazione dando sia anima che cuore.
Mi raccontano che, dopo la gelata del 1985, hanno estirpato molte colture di olivo distrutte, sostituendole con vigneti e tuttoggi producono vino, ma deliziano i palati anche con la produzione di olio.
Ci tengono anche a sottolineare che fanno parte di un progetto innovativo che ha come filo conduttore uno sviluppo sostenibile, che coinvolge l’intero territorio fiesolano, infatti già nel 2016 la superficie agricola coltivata a biologico o in via di conversione, rappresentava circa il 45% del totale, una percentuale che, in altre zone della Toscana, era molto più bassa: è un gran bel vanto giustamente, soprattutto perché tutto il contesto ne è coinvolto.
Dopo avermi accolto ed aver iniziato la degustazione, la mia attenzione si concentrò ovviamente sul Chianti e Martina ci tenne a sottolineare una cosa: “il Chianti che facciamo noi non è un vino piacione quello che per intenderci piace al bevitore medio, vini molto colorati molto rotondi e molto fruttati non sono la vera espressione del Chianti; lavoriamo nel rispetto del vitigno Sangiovese che è il protagonista principale nel blend; siamo consapevoli che è un vitigno molto delicato che richiede tanta attenzione e l’uso della barrique su questo vitigno deve essere molto calibrato” .
Nello specifico parliamo del Chianti Superiore DOCG 2015 “Voce della Terra” che è un blend di Sangiovese, Colorino e Cabernet, un vino molto naturale, bio nel rispetto del terroir.
Questa è la sua scheda tecnica :
🍇Tipologia: Vino Rosso Biologico
Denominazione : Chainti Superiore DOCG
Area di produzione: Toscana , Colline di Firenze (Fiesole)
Contenuto alcolico 14 % Vol.
Varietà 80% Sangiovese; Colorino (il chicco è piccolo ed ha tanta buccia e poco succo ) e Cabernet (5%)
Terreno: Magro, galestroso e calcareo
Sistema di allevamento: Cordone speronato e Guyot, in coltivazione biologica
Epoca di vendemmia : Metà settembre
Vinificazione: In acciaio inox a temperatura controllata con fermentazioni alcolica e malolattica, con le masse dei vitigni separati.
L’intero processo di vinificazione, così come la selezione dei grappoli in vigna, è realizzato con l’obbiettivo di ottenere dalle uve tutti gli aromi fruttati e solo i tannini più morbidi.
Affinamento: Si affina una parte in acciaio e una parte in barrique ( 20% della massa) ed il processo dura 6 mesi, poi si fa il blend che permette di decantare il vino facendo depositare i residui ,viene poi filtrato, dopodiché si procede all’imbottigliamento dove affina ancora per 1 anno.
Il vino è imbottigliato evitando filtrazioni spinte, che danno lucentezza al vino ma inevitabilmente impoveriscono la sua struttura.
Abbinamento: ideale per pasta con sughi rossi, salumi e carni alla griglia
Servizio: 18° C.
🥂 Esame visivo: ha un colore rubino, limpido, trasparente, con una leggera unghia granata.
👃Esame olfattivo: la frutta è quella che prevale con la ciliegia, il floreale mi porta dritto dritto alla viola, i terziari accennano con il legno come retrogusto, tabacco e sul finale mi arriva la paglia
👄 Esame gustativo: ritrovo la ciliegia, è molto caldo e l’alcool sostiene il corpo con una buona struttura, secco equilibrato è molto elegante, con un accenno di tannini, una buona acidità e una morbidezza non pronunciata, bella persistenza, maturo ma che può dare ancora.
Ma passiamo alla parte più divertente😀: l’abbinamento! Mi piace immaginare il piatto e poi costruirlo, realizzarlo.
Ho pensato a dei ravioli al ragù…ma quale ragù? Nel rispetto della Toscana ho aggiunto alla carne macinata dei fegatelli, per dare al sugo un gusto più deciso e l’ho fatto bollire molto lentamente.
Nell’impasto dei ravioli ho messo: uova (1 intero ), spinaci tassativamente del contadino (anche ai tempi del covid-19 ci si mobilita), un pizzico di noce moscata che non guasta, un pizzico di sale e una bella grattugiata di parmigiano…reggeranno il confronto con il vino? E’ tutta una sfida!!!!
Nell’abbinamento: la percezione dolce della ricotta, degli spinaci e della pasta nonché l’untuosità della carne si sposano bene con l’acidità ed i tannini morbidi, le spezie: la noce moscata nell’impasto e i chiodi di garofano del sugo sono ben bilanciati dalla persistenza gusto- aromatica del vino.
Piccola considerazione finale ai tempi del corona virus: non posso uscire, vedo solo la mia famiglia, finché il fegato regge beviamo…ci aiuterà sicuramente a dormire sonni più tranquilli!😀